Accoglienza e comunità, un binomio difficile da coniugare ma necessario per non snaturare valori, storia, tradizioni. Quando vediamo le scene drammatiche delle guerre nel mondo e le fila di profughi ci prende un nodo alla gola e vorremmo che quella gente, trovasse la pace e vorremmo accoglierli tutti. Poi, quando è passato quell'attimo, ci troviamo di fronte alle stesse persone (ma saranno poi le stesse) ospitate nelle strutture del nostro territorio spesso a bighellonare e/o chiedere la carità davanti ai supermercati della nostra zona. E' facile riempirsi la bocca con la parola "accoglienza" ma meno facile accogliere e integrare. Alcuni alberghi del nostro territorio hanno evitato la chiusura con le risorse dello Stato devolute, direttamente o indirettamente, attraverso il programma della cosidetta "accoglienza profughi". Credo fermamente alla necessita della ospitalità ma credo altrettanto fermamente che l'integrazione debba comprendere un programma chiaro e sostanzioso di educazione ai valori della nostra comunità, di formazione e di inserimento lavorativo in modo da evitare il bighellonamento davanti ai supermercati. Certo è difficile l'attivazione di un programma di inserimento sociale serio ma è più facile parlarne senza aprire le strutture (a proposito le case parrocchiali sono aperte o chiuse a questo progetto) e facendo la carità con l'obolo una tantum senza sporcarsi le mani.
Renato Farina